È un Claudio Fortunato molto contento quello che si appresta a vivere la sua seconda esperienza al Val Resia, una squadra alla quale il tecnico è rimasto particolarmente legato.
«È vero- ci dice – sono voluto tornare da questi parti perché mi sono trovato bene con questa gente per certi versi davvero unica. E anche dopo essere andato vi ho sempre seguito i rossoblu da spettatore. E’ nato evidentemente un legame troppo forte per essere dimenticato».
Non è stato difficile, quindi, convincerti?
«Diciamo che non sono più giovanissimo e che l’età ha presentato il conto degli acciacchi. Eppure quando alcuni di quei giocatori mi hanno cercato per tornare quassù non ce l’ho fatta a dire di no».
Non è semplice fare calcio a Resia.
«La marginalità del territorio ed un paese che comunque deve fare i conti con decremento demografico e spopolamento offre poche prospettive. Come si dice in questi casi, bisogna adattarsi con quel che si ha e l’ipotesi, in verità, è anche intrigante».
Volti nuovi?
«Volto nuovo. Nel senso che dopo la riconferma in blocco della squadra dello scorso anno non ci siamo dannati per trovare altre persone, ferma restando la difficoltà oggettiva delle operazioni. Verrà a darci una mano Francesco Sedola, un attaccante classe 2000, della Tarcentina, che deve recuperare da un infortunio e qui troverà l’ambiente per riprendersi».
Che ruolo potrà avere questo Val Resia nella stagione che sta per iniziare?
«Bisogna procedere per gradi, a piccoli passi. Intanto fare meglio dello scorso anno. Dai primi allenamenti ho ricavato sensazioni positive. C’è voglia di fare, di impegnarsi e di sacrificarsi per tornare in tempi brevi ad essere più competitivi rispetto alle passate stagioni. La promozione mi pare, per quest’anno, un traguarda fuori dalla nostra portata, ma mai dire mai.»
Hai dato la tua disponibilità per almeno un biennio.
«È chiaro che se si vuole provare ad impostare qualcosa, preparare una squadra con un programma preciso, una stagione sola non basta. La squadra poi è relativamente giovane e quindi bisognerà darle un’impronta».
E su cosa punti in maniera decisa?
«Sulla capacità della gente di Resia di fare gruppo, su quel senso di appartenenza che mi sembra ancora un valore molto importante: l’ orgoglio resiano, insomma, deve essere quel valore aggiunto per colmare il gap tecnico che inevitabilmente paghiamo di fronte ad altre squadre».
E la gente di Resia cosa dice, cosa pensa?
«È gente realista, sa quello che possiamo dare. Forse bisognerà fare in modo di ridare l’entusiasmo a chi viene in “Rop”. In verità so che l’entusiasmo non è mai venuto meno, ma è chiaro che senza risultati è difficile coinvolgere le persone. Ecco, credo che il nostro compito principale sia proprio quello di far sentire tutti quelli che hanno a cuore a squadra dentro il nostro progetto e la nostra voglia di migliorare».