Sarà Giacomino Radina a guidare il Cedarchis per la prossima stagione. Arrivato lo scorso anno, il tecnico ha dovuto fare i conti con una squadra giunta forse al punto più basso della sua storia recente.
«In effetti non è stato semplice – ammette Radina -; questo era un ambiente abituato a vincere e ritrovarsi a lottare per la salvezza era un dimensione nuova per tutti. Probabilmente era arrivata la fine di un ciclo e come sempre, in questi casi, le difficoltà aumentano. Però, forse, proprio da questa sofferenza è rinato un gruppo forte».
Un gruppo che è rimasto sostanzialmente immutato rispetto al 2018.
«Sì, sono rimasti quasi tutti. Abbiamo perso Simon Concina e Gabriele Fabiani, pedine importanti per noi, ma la società ha cercato di trovare alternative valide. Sono arrivati due portieri, Luca De Giudici e Alan Gonano; assieme a loro un giovane del vivaio dell’Arta, Giovanni Lessanutti, e Gabriele Venchiarutti, fermo lo scorso anno. Da Trasaghis un arrivo importante, quello del centrocampista Manuel Mansutti e infine tre nomi che potrebbero davvero diventare fondamentali. Parlo di Andrea Marini, un autentico professionista nel modo di intendere l’impegno, Guido Nodale, un giovane in prestito dai Mobilieri con tanta qualità nei piedi, e Giulio Paschini , che è una specie di bomba a mano dal punto di vista della gestione, ma che dal punto di vista della cifra tecnica è secondo a pochi».
Cosa ti ha chiesto la società?
«La società non mi ha chiesto risultati immediati, perché sa benissimo che ripartire è sempre difficile. Intanto cercheremo di ricreare quel gruppo, in campo e fuori, che era uno dei segreti del Cedarchis che vinceva tutto. Per quanto mi riguarda, cercherò di instaurare un giusto rapporto tra me ed i miei giocatori, proseguendo nella linea tracciata lo scorso anno. Credo che la cosa migliore da fare sia quella di essere umili: la storia non va in campo, nemmeno una storia gloriosa come quella del “Ceda”. Quindi, il primo obiettivo è quello della salvezza, magari con meno patemi di quella ottenuta lo scorso anno. Mi piace sottolineare che la società, comunque, rimane il punto forte del sodalizio giallorosso, per competenza, disponibilità, impegno e passione».
Hai in mente qualche modulo particolare, anche in considerazione dei nuovi arrivi?
«In linea di massima non sono innamorato di nessun modulo. L’unica certezza sarà la difesa a 4, per il resto cercherò di adattare la schieramento a seconda delle caratteristiche dei miei giocatori, dei quali dovrò sfruttare le caratteristiche individuali calandole nel collettivo. Mi piacerebbe portare la stessa mentalità che ho apprezzato nei tanti anni di attività nei settori giovanili, dove si gioca davvero per divertirsi senza tutti gli assilli che si trovano nella prima squadra, alla quale si chiede sempre il risultato».
E di tuo fratello Alessandro cosa pensi? Difficile allenare un fratello?
«Mio fratello è un buon giocatore. Deve solo migliorare la fase realizzativa. Davanti alla porta si perde un po’ e questo lo penalizza. Ma è un generoso, uno che dà sempre tutto. Allenarlo non è un problema, anche se a volte sono un po’ troppo duro ed esigente con lui, forse anche per mantenere una certa imparzialità nei confronti degli altri. Devo dire che il mio arrivo a Cedarchis è stato favorito proprio da lui che ha insistito per convincermi. E di tutto questo il più felice è mio padre, tifoso giallorosso, che la domenica viene a vederci e so che la cosa lo rende orgoglioso e felice».