Gianni Timeus allenatore del Comeglians è una scelta o una specie di missione? Forse entrambe le cose, visto lo spessore del personaggio ed il suo amore per il Carnico, sì, ma anche per il territorio.
Chiediamogli subito, allora, come si è arrivati a questo connubio.
«Sono stato interpellato dal sindaco di Comeglians Stefano De Antoni e dal ds Pierino Vesnaver – dice Timeus –, giustamente preoccupati per la situazione della società. Non volevano che il Comeglians sparisse, perché comunque all’interno di comunità così piccole anche la squadra del paese ha un suo valore sociale ed aggregante. Chiaramente l’Ovarese, società limitrofa e da sempre collaborativa, si è dimostrata disponibile. All’incontro con De Antoni e Vesnaver sono venuti anche i dirigenti biancazzurri Renzo Timeus e Davis Gortan ed insieme abbiamo trovato un accordo: con me a Comeglians sono arrivati alcuni Allievi che ho allenato la scorsa stagione ad Ovaro, qualcuno in prestito e qualcuno a titolo definitivo, ma sempre sotto controllo, diciamo così, dell’Ovarese. Questo per dare un minimo di continuità a quanto avevamo messo in piedi, in modo da non dovere rimandare al prossimo anno lo stesso problema».
E si è arrivati insomma ad un rosa adeguata almeno dal punto di vista quantitativo.
«Direi di sì, anche perché sono rimasti una decina dei giocatori del Comeglians della passata stagione. Altri hanno preferito cercarsi un’alternativa, come gli svincolati, per esempio, che non sapendo che fine avrebbe fatto la società hanno preso altre strade».
Ti aspetta quindi un compito molto difficile.
«La difficoltà del mio compito non sta tanto nel raggiungimento di risultati, oggettivamente non facili da ottenere nel breve, quanto nel fatto che dovrò fare una squadra di quello che attualmente è un gruppo eterogeneo e con poca identità, ma è normale, adesso».
Ma la situazione è davvero così drammatica, calcisticamente parlando?
«Chiaro che c’è molto da fare, ma ho già notato tanta voglia di lavorare, sia da parte dei giocatori che da parte della società. Il presidente l’ho visto poco, a causa dei suoi problemi personali, ma ho trovato nei dirigenti che lo supportano, persone disponibili e collaborative. La logistica e le strutture sono adeguate e cercheremo di migliorarci anche a livello di immagine, perché anche i dettagli hanno importanza in un processo di crescita».
Riteniamo che sia inutile parlare di schemi, moduli e altri aspetti tattici.
«Ho già in mente la squadra per 7-8 undicesimi, basandomi sul gruppo del Comeglians rimasto e su quei ragazzi che sono venuti da Ovaro e dei quali conosco le peculiarità. Più che di moduli dovrò essere bravo a trasmettere loro la mia filosofia di gioco, il mio modo di vedere il calcio».
Non solo il calcio, vero, ma un atteggiamento più in generale?
«In effetti il Carnico soffre di tutta una serie di problematiche che vanno oltre il semplice aspetto tecnico. Il calo demografico è un aspetto del quale non si è tenuto conto nel passato ed ora la realtà è saltata fuori. Ma bisognerebbe considerare anche il momento dell’approccio a questo sport, partendo proprio dal settore giovanile che deve formare quelli che poi saranno i giocatori di domani. Per questo lo scorso anno avevamo cercato di creare a Rigolato un polo per il calcio giovanile della Val Degano, dandoci due obiettivi: una sede, individuata proprio a Rigolato per disponibilità delle strutture e per collocazione geografica che tenesse conto anche della distanza tra i paesi, e l’iscrizione ai campionati provinciali, per dar modo ai nostri ragazzi di confrontarsi anche con realtà diverse. Purtroppo il progetto non è andato a buon fine, prima di tutto per ragioni economiche ma anche per la chiusura mentale di alcuni dirigenti ed amministratori locali».
Un calcio che deve tener in conto anche un aspetto più ampiamente culturale?
«Assolutamente sì. Il discorso deve investire anche tutte le altre componenti: bisogna lavorare in sinergia con la scuola, l’aiuto dei genitori, dei Comuni, sottolineando l’aspetto psicologico e formativo. La cura dell’alimentazione, il rispetto del lavoro degli altri, cambiare anche quelle che sono diventate usanze comuni. Un esempio: se io faccio preparare il te per il dopo allenamento, che senso ha la cassa di birra dentro gli spogliatoi?».