di MASSIMO DI CENTA
Dopo Flavio Mentil e Diego Mattia, sempre dal libro “60 anni di Carnico”, uscito nel 2010, ricaviamo il ritratto di Ivo Gubiani e Marino Contessi.
Due stelle per la… Stella! Ivo e Marino hanno in comune la passione per il calcio, la Stella Azzurra e la benemerenza allo sport. Due personaggi che hanno dedicato tanta parate della loro esistenza alla squadra biancazzurra, ricevendo molto meno di quello che hanno dato. Il loro impegno avrebbe meritato tante soddisfazioni.
IVO GUBIANI –Venti anni di militanza, sempre con lo stesso entusiasmo. Il calcio comincia a frequentarlo nel collegio degli Stimmatini a Gemona: per giocare più che i fondamentali servono le preghiere, perché il posto nella squadra dell’oratorio si guadagna partecipando alla Messa delle 8 del mattino. Metodo di selezione quanto meno singolare, ma per fortuna lo notano quelli della Stella Azzurra, che decidono di tesserarlo per la formazione juniores. Inizio incoraggiante, poi una parentesi ad Osoppo prima di tornare definitivamente alla squadra gemonese. Correttezza e fair play ne hanno sempre contrddistinto la carriera ed infatti uno dei ricordi più gratificanti resta una vittoria della Stella contro il Verezegnis. La Stella non aveva niente da chiedere alla classifica, mentre il Verzegnis si giocava il titolo coi Mobilieri, allenati dal gemonese Enrico Londero. La Stella vincendo consegnò di fatto il titolo ai sutriesi e per Ivo quel risultato rappresenta il suo modo i vivere ed interpretare lo sport: correttezza e lealtà. Dei primissimi tempi, il ricordo più nitido è la difficoltà ad allestire una squadra competitiva: le molteplici attività calcistiche presenti nel Gemonese rendevano difficoltoso il tesseramento di giocatori ed allora si doveva ricorrere ai militari. Quasi tutti si integrarono alla perfezione, legando con tutto l’ambiente, come dimostra il fatto che molti di quei militari ancora oggi si ricordano di quella esperienza. “Erano ragazzi davvero in gamba – ricorda Gubiani -. Gente anche di livello, che seppe adattarsi ad un calcio qualitativamente inferiore”. A chi gli chiede il perché la Stella Azzurra non abbia mai pensato di partecipare ai campionati regionali, Ivo risponde sbandierando un grande attaccamento alla Carnia ed alla sua gente: “In fondo ci sentivamo un pochino carnici – ribadisce Gubiani -. Ogni trasferta rappresentava un motivo di incontro e di confronto anche umano. Infatti, quando qualcuno ci diceva che col Carnico noi di Gemona non c’entravamo nulla, mi sentivo toccato, perché a me nel Carnico, nel modo che c’è di interpretare il calcio e le relazioni, mi sembra di esserci nato”.
MARINO CONTESSI – Lui “dentro” la Stella Azzurra ci ha vissuto. Ci arrivò quando fu notato da un dirigente mentre giocava nei campetti della Pedemontana. Dopo due anni fra gli Allievi, il salto in prima squadra, assieme al suo amico Pierino Goi, vent’anni in pantaloncini e maglia biancazzurra prima di fare il dirigente e successivamente il presidente. La storia di una grande passione, insomma, con un piccolo, grande rammarico: quello di non aver mai vinto un campionato. Eppure, a sentir lui, ci sono stati degli anni in cui il trionfo sembrava possibile. Come nel 1995, quando un gruppo formidabile di grandi giocatori (uno su tutti: Fabrizio Damiani) non riuscì nell’impresa. Arrivò, è vero, la Coppa Carnia, ma quella squadra appariva attrezzata anche per il campionato. Quella squadra (che in trasferta viaggiava a mille) soffriva quando doveva giocare in casa e furono proprio i punti gettati tra le mura amiche a fare la differenza alla fine. Però, quella Coppa conquistata a Villa contro il Sutrio, rimane per Contessi la soddisfazione più grande. Ma il calcio, per Marino, lascia dentro dei ricordi che non si possono legare ai risultati ottenuti. L’episodio che più ricorda volentieri? Un 11 a 2 rifilato alla Folgore con un militare che per una domenica non si mise al servizio della Patria ma di… Muzzin. Questi era impegnato per la conquista del titolo di capocannoniere ed in quell’ultima giornata trovò nel militare di cui sopra un alleato decisivo. Il soldato era dottissimo tecnicamente ed in almeno una mezza dozzina di volte scartò mezza difesa per trascinare la palla nei pressi della linea di porta, dove a Muzzin non restava altro che l’ultimo tocco verso la porta. Nel suo passato di difensore ha incrociato la strada di molti attaccanti e due di loro se li ricorda benissimo: Alido Concina per la furbizia e la precisione nei sedici metri finali e Fabiano Mecchia, una specie di uomo bionico. “Più gliele suonavo – ricorda sorridendo Marino – più quello restava in piedi senza scomporsi. Mai visto niente di simile! Quando ci ritroviamo riviviamo quei duelli ma con grande serenità, perché c’era tanto agonismo ma mai cattiveria”. La benemerenza allo sport ottenuta nel 2009 rimane un’enorme soddisfazione: per uno che ha vinto poco, quel riconoscimento rappresenta un premio al lavoro svolto.