di MASSIMO DI CENTA
Così Edilio Toffoletto si raccontava nel libro “60 anni di Carnico”, uscito nel 2010 e dal quale abbiamo ricavato questa nuova rubrica. Una vita fatta di Trasaghis e passione, La Delizia e passione, calcio e passione, insomma, senza distinzioni di maglie. Amici ed avversari che non hanno nomi, ma la stesso “amore” da condividere: il pallone!
Come è difficile, in certe situazioni, non essere retorici. Mi hanno chiesto di parlare del Carnico ed io non lo so mica se ce la farò a non essere retorico! Come si fa? Sono troppi i pensieri, gli aneddoti, i volti, le voci e le emozioni. Li chiamano ricordi e ti accorgi di quanto sono importanti quando un evento ti “obbliga” a tirarli fuori. L’evento, stavolta, è di quelli importanti: il Carnico compie 60 anni ed io, molti di questi, li ho condivisi. Perché il calcio è la mia passione ed al calcio ho dato molto di me stesso. Ma lui mi ha dato molto di più. Non parlo di vittorie e sconfitte, soddisfazioni e delusioni. No, parlo di qualcosa che va oltre i risultati ed il colore della maglie, di una passione che ci fa sentire tutti dalla stessa parte.
Perché è chiaro che si gioca per provare a vincere, ma quando ti fermi un attimo a pensare, allora ti accorgi quanto sono importanti le persone che hai conosciuto, i sacrifici che, come te, hanno fatto e con un pizzico d’orgoglio, provi una grande soddisfazione ad aver scritto, insieme a tutti loro, qualche pagina di una storia che è arrivata a 60 anni. Il Campionato Carnico, insomma, ha segnato in qualche modo la mia vita, dandomi modo di coltivare valori umani e la possibilità di realizzarmi dal punto di vista sportivo.
Ricordi, come ho detto ce ne sarebbero tanti, uno però è quello che, a distanza di tanti anni, è ancora il più vivo. Primo campionato in Eccellenza del “mio” Trasaghis; proprio alla vigilia della gara contro l’Ovarese, infortuni e squalifiche tolgono praticamente di mezzo quasi tutto il nostro reparto difensivo. L’allenatore, allora, decide di chiamare due sedicenni in prima squadra. Uno ero io e devo confessare che il pensiero dell’esordio in prima squadra mi sembrò una specie di esame di maturità. Durante tutta la settimana tecnico e compagni ci riempirono di raccomandazioni, perché la domenica avremmo dovuto affrontare Mecchia e Gonano, due tipini niente male, che si integravano alla perfezione per caratteristiche tecniche e fisiche. Ed in più due da prendere con le molle, perché in campo facevano valere anche i trucchi del mestiere. Se devo essere sincero, io quelle raccomandazioni non le stavo nemmeno a sentire, tanta era l’ansia e l’emozione di scendere in campo. A me toccò Mecchia, fisico possente e padronanza del ruolo. Beh, in 90’ credo di non aver lasciato al buon Fabiano molti palloni giocabili ed altrettanto fece il mio coetaneo con Gonano. Ricordo che alla fine della partita il nostro allenatore ci riempì di elogi, ma la cosa che mi fece più piacere furono i complimenti degli avversari che vollero sapere tutto di quei “bambini” che erano riusciti a fermare due attaccanti di grande spessore come Fabiano e Geremia!
La domenica successiva, altra partita da brividi: andiamo a Fusine, in casa del Weissenfels, nelle cui fila militavano molti giocatori con esperienze anche in categorie superiori (alcuni avevano giocato anche in serie C). Ripetemmo pari pari la prestazione di sette giorni prima ed anche stavolta, alla fine, tanti elogi da parte degli avversari. Quando uscimmo dagli spogliatoi, il mio compagno di reparto ed io fummo avvicinati da due signori. Erano due osservatori saliti sino a Fusine per vedere proprio noi due! Ci chiesero se fossimo interessati ad un’esperienza in una squadra professionistica. Noi, incoscienti, quasi non li degnammo nemmeno di una risposta. Ripensandoci adesso, magari, provo un pochino di rimpianto, ma eravamo giovani ed andava bene così.
Anche perché nel Carnico non mi è mancato nulla ed ho trascorso (ed ancora sto trascorrendo…) annate davvero meravigliose.
EDILIO TOFFOLETTO