di MASSIMO DI CENTA
In questi mesi non agonistici riproporremo, come già fatto in passato, alcuni ritratti di personaggi che hanno fatto la storia del nostro Campionato, tratti dal libro “60 anni di Carnico”, uscito nel 2010. Oggi vogliamo ricordare Lucio Diana, scomparso 5 anni fa.
Lucio Diana è stato, prima di tutto, un grande tifoso dell’Edera. Poco più che bambino, non si perdeva una sola partita dei bianchi di Enemonzo. Ai dirigenti dell’epoca, naturalmente, non sfuggì tanta dedizione alla causa e pensarono subito di coinvolgerlo nell’organigramma societario. I primi incarichi furono soprattutto manovalanza: il giovane Lucio segnava il campo, si curava degli spogliatoi e dava una mano laddove se ne presentasse il bisogno. Il… primo avanzamento di carriera lo ebbe con la responsabilità del settore giovanile e con l’incarico di accompagnatore ufficiale della prima squadra. I passi successivi furono quelli verso i vertici del sodalizio ederino, vicepresidente prima e presidente poi. Una scalata, insomma, scandita soprattutto dalla passione per il calcio e dall’amore per l’Edera.
Un’Edera che, nell’arco di tutta la sua storia, non ha mai vinto il titolo di campione carnico. Se domandate a Lucio il perché, lui ha una riposta pronta e precisa sul perché. Tutti i dirigenti che si sono avvicendati nella storia della società, infatti, consideravano primario il fatto che la squadra doveva essere composta esclusivamente da giocatori del comune di Enemonzo, con l’unica eccezione per quei calciatore provenienti dal vicino paese di Preone. Un limite alle ambizioni, forse, ma una scelta coraggiosa e piena di significati, una scelta che per Lucio, adesso è una specie di cruccio, ma quella volta costituiva motivo di orgoglio. Le delusioni in campionato, però, sono state lenite da buonissime prestazioni in Coppa Carnia, che tante volte ha visto la squadra di Enemonzo brillante protagonista. Le cinque finali disputate hanno portato in bacheca tre Coppe: nel 1981, nel 1983 e nel 1994. Quest’ultima finale resterà nella storia della manifestazione e probabilmente in quella del calcio italiano: la partita terminò col punteggio di 1 a 1 al 90’ e non bastarono i supplementari. Per assegnare il trofeo si andò ai calci di rigore, dove l’ Edera prevalse per 17 a 16. A livello nazionale il risultato finale dovrebbe costituire tuttora un record, con 36 rigori calciati, di cui 5 falliti.
Tra i ricordi di Diana, poi, ci sono anche alcuni spareggi che hanno visto l’Edera protagonista. Uno di questi all’epoca lo mandò su tutte le furie, ora invece, il tempo ha sfumato rabbia e delusione si può addirittura lasciarsi andare ad uno sorriso. Allora, andiamo con ordine: l’avversario, nel testa a testa decisivo a Moggio Udinese, era il Tarvisio. Sul risultato di parità, nel secondo tempo, l’allenatore tarvisiano Ganz (sì, proprio lui, Ettore, papà di Maurizio) sostituisce il portiere. Il cambio del portiere, in quei tempi, era l’unico consentito dal regolamento, quindi niente di irregolare. “In effetti no – sorride con una punta di amarezza e nostalgia Diana -. Solo che quel furbone di Ganz aveva schierato inizialmente un giocatore di movimento non molto dotato tra i pali, il portiere che se la cavava benino anche nel mezzo in mediana ed un centrocampista bravissimo, ma non al meglio fisicamente, col numero 12. Con la gara in equilibrio, Ganz tenta il tutto per tutto: fuori il portiere e dentro la riserva, che appena entra cede la maglia da dodicesimo al portiere titolare che corre tra i pali, lasciando il suo posto libero al centrocampista finto portiere di riserva. Non chiedetemi la logica di tutto questo valzer, perché non ve la saprei dire. So solo che il Tarvisio vince e, quindi, una logica, evidentemente, ci doveva essere… Diavolo di un Ganz!”.
Il sorriso di Diana fa capire che l’episodio ormai non fa più male: il tempo e la maturità, supportati dalla regolarità del comportamento della panchina tarvisiana, hanno infilato quella partita nell’albo dei ricordi, esattamente come alcuni calciatori che ha il buon Lucio ha visto passare nella storia dell’Edera: Sergio Rugo, per esempio, talento cristallino ma carattere tutto particolare. Più di una volta sono andati a cercarlo per i boschi, perché lui al contatto con i giocatori avversari preferiva il contatto con la natura. Oppure Vanni Pivotti, la cui classe in campo era pari a quella che dimostrerà da dirigente. E come dimenticare Alido Concina, un bomber di stampo classico, un animale da rea di rigore. E Sergio Colosetti? Beh, lui, è sempre stato considerato calcisticamente una spanna sopra…
Ma i “meriti” di Lucio vanno oltre l’Edera: stanco di quei gironi di vallata che per anni hanno significato giocare sempre le stesse squadre, ebbe l’idea, con Italo Stroili, di portare all’attenzione dell’Assemblea delle società del Carnico un progetto: quello dei gironi formati in base alla meritocrazia piuttosto che alla geografia. Inutile dire del successo ottenuto…
La Benemerenza allo sport ricevuta nel 2008 è stata una specie di premio alla carriera. Solo che a Roma a ritirare il premio Lucio non ci è potuto andare perché era ricoverato all’ospedale. Al suo posto doveva andare il Sindaco di Enemonzo, ma anche lui il giorno prima si ammalò ed allora il premio fu ritirato dal Consigliere regionale Gianni Toffoletto, che lo consegnò di persona a Diana durante l’Assemblea delle Società del Carnico. “Meglio così – ci dice Diana – . Ricevere il premio tra i miei amici, la mia gente è stato un motivo di orgoglio in più”.
Per uno che ha improntato la sua opera dirigenziale al campanilismo, beh, praticamente il massimo…
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