Con la conclusione della stagione, riprendiamo la bella abitudine di riproporre alcuni ritratti di chi ha fatto la storia del nostro Campionato, prendendo sempre come riferimento il libro “60 anni di Carnico“, scritto da Renato Damiani e Massimo Di Centa.
Oggi il protagonista è Carlo Di Monte, la penna per eccellenza del Campionato Carnico, ricordato dall’amico fraterno Azzolino Bugari, che con il “Maestro” ha condiviso diverse momenti calcistici sia sui campi di calcio che in trasmissioni radiofoniche.
Ho conosciuto Carlo di Monte agli inizi degli anni sessanta, allorchè una sera mi offrì un passaggio sulla sua Topolino: era stato a Sutrio a salutare la Federica, divenuta poi la sua paziente moglie. Diventammo così amici, legati da serate trascorse all’Oasi di Arta Terme e dalla nostra comune passione per il calcio: Inter, Juve, Pro Tolmezzo e Carnico. Carlo, a quel tempo, era un eccellente maestro di scuola, molto ben voluto dai suoi scolari e dai loro genitori. Personaggio poliedrico, versatile, ottimo oratore ed affabulatore, sapeva ben attirare l’attenzione della gente con il suo fare amicale, cameratesco e con la sua proverbiale resistenza al tavolo…
Una sola persona, credo, riusciva a metterlo in difficoltà: suo fratello Baldo, uomo serioso, tutto di un pezzo e… dominatore assoluto delle spiagge lignanesi e lui ci soffriva veramente! Per il resto, Carlo era un treno in piena velocità (seppur claudicante!) e tutta questa energia l’esplodeva nel calcio parlato, scritto e negli ultimi tempi in quello radiofonico e televisivo. Penna al cianuro, polemista principe per autonomasia, creatore e “ricamatore” di primizie calcistiche esplosive, vere o presunte tali, fabbricate sul “sentito dire” come lui furbescamente diceva. Ciascuna di queste sue creature giornalistiche veniva con abilità e perseveranza coltivata così bene da permettergli di mantenerla viva e frizzante per settimane, così da essere al centro dell’attenzione del mondo sportivo carnico: era insomma il personaggio principe del campionato: “L’ha detto Carlo”diveniva una vera e propria sentenza.
Il suo quartier generale era l’Albergo Roma di Tolmezzo, dove, seduto al tavolo o in piedi dinanzi al bancone, innescava chilometriche discussioni con chiunque si avvicinasse: non mancava mai un assordante crocchio attorno al “sior Maestri”. A proposito di questo suo nomignolo, io, Walter D’Orlando e Tristano Rainis, che conducevamo con lui alcune trasmissioni radiofoniche a Radio Stereo Carnia, lo chiamavamo affettuosamente “Maestro di tutti noi”. Lui sornione sorrideva soddisfatto.
Era un versatile istrione, inesauribile, dallo sguardo buono ma furbesco: nelle discussioni ti aspettava al varco e di colpo, zac!, ti colpiva con il sorriso sulla bocca, alzando però il tono di voce per richiamare l’attenzione degli avventori del suo salotto per poi catturarne al volo qualcuno per farsi dare ragione. A quel punto, appagata la sua istroneria, si assestava meglio sulla seggiola per dare la meritata pace alla sua famosa “anca sbilenca” e, soddisfatto, faceva fuori il suo bicchiere.
Carlo era così! Riusciva a dare vivacità all’intero ambiente calcistico del Carnico, settimana dopo settimana instancabilmente; i suoi giorni però di massima gloria erano il sabato, vigilia degli incontri e la domenica sera, a risultati acquisiti, ed, in particolare, il lunedì allorchè, per quanto aveva detto verbalmente e scritto sul Gazzettino, veniva incensato, lustrato e adulato o pesantemente attaccato. Tutti, senza saperlo, in egual misura, portavano acqua al suo mulino e lui, con astuzia ed intelligenza, iniziava a macinare tutto, quindi impastava e infine sfornava il suo nuovo panettone, prodotto che tutti, adulatori e detrattori, avidamente trangugiavano. Ed il ciclo riprendeva vita, come il “sior Maestri” aveva previsto e voluto.
GIÀ PUBBLICATI
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