di MASSIMO DI CENTA
21 giugno 2003, 14 settembre 2017 e infine 16 luglio 2023: sono probabilmente le date più importanti del movimento calcistico della Carnia. Nel 2003 a Masi Torello, provincia di Ferrara, la formazione juniores del Tolmezzo conquistò lo scudetto di categoria, superando la JRVS Ascoli. Nel 2017, nell’ambito del progetto “Il Carnico per Sarnano”, la Rappresentativa del Carnico affrontò una Selezione formata da calciatori delle squadre dei comuni colpiti l’anno prima da un forte terremoto. E infine, pochi giorni, fa la Rappresentativa della Prima Categoria del Carnico ha giocato allo Stadio Friuli un’amichevole contro l’Udinese. A legare questi tre momenti la presenza di Fabio Rainis, il trentottenne giocatore dell’Arta, che ha partecipato a tutti e tre gli eventi.
Gli abbiamo chiesto di raccontarci queste esperienze.
«Da un punto di vista strettamente calcistico- ci dice –, lo scudetto conquistato nel 2003 è probabilmente la più grossa soddisfazione personale. Mi sono sentito protagonista di un evento che in Carnia non verrà mai dimenticato».
Di Sarnano cosa ricordi?
«Il fatto di essere stato selezionato era già di per sè motivo di grande soddisfazione. Ma sicuramente è stata un’esperienza molto coinvolgente dal punto di vista emotivo. Una partita il cui valore tecnico non contava nulla rispetto all’espressione di solidarietà che la nostra presenza in quei posti ha rappresentato. Soprattutto per chi, come noi friulani, ha vissuto lo stesso dramma».
E domenica scorsa?
«Beh, per chi pratica il calcio da dilettante, giocare su un campo di Serie A credo rappresenti un sogno. Giocare sul prato di uno stadio “vero” è un ricordo che ti porti dietro per tutta la vita. Respirare quell’atmosfera che puoi solo immaginare è davvero una cosa straordinaria».
Qual è stata la cosa che ti ha colpito di più?
«Ammirare in azione da vicino quei calciatori che vedi in tv. Ho avuto la sensazione che questi facciano davvero un altro sport: la struttura fisica, la tecnica, l’impatto che hanno sul pallone al momento di calciare. Impressionante».
E il calciatore che ti ha colpito maggiormente?
«Beto, senza dubbio. Quando partiva in progressione sembrava avesse una moto! E poi il modo di stoppare il pallone, trattarlo con i piedi, lo stacco, la tecnica in generale».