Riceviamo dal nostro lettore Riccardo Poletti e pubblichiamo.
Si continua a leggere che la squadra X una volta vinto il Campionato Carnico conquista lo scudetto. Da quanto risulta, correggetemi se sbaglio, il diritto a fregiarsi dello “scudetto” sulle maglie, e quindi di campione d’Italia, spetta per diritto alla squadra vincitrice del campionato di serie A per quel che riguarda i campionati professionistici e alla squadra vincitrice del campionato di serie D per quanto riguarda i campionati dilettantistici. Poiché il Campionato Carnico, con tutte le sue particolarità appartiene a questi ultimi, credo sia esagerato e anche inutile enfatizzare la cosa. Chi vince, ha vinto il Campionato Carnico non lo scudetto, che é un titolo nazionale, così com’è inutile e se vogliamo è anche un abuso, apporre lo scudetto tricolore sulle maglie, non credo infatti ci siano deroghe a questa norma.
Distinti saluti e grazie per l’encomiabile servizio che offrite.
RICCARDO POLETTI
Tolmezzo
(bt) Gentile signor Poletti, il termine “scudetto” è diventato ormai da decenni di uso comune nel Carnico e francamente definire addirittura “abuso” l’utilizzo del tricolore sulle maglie è quantomeno curioso. Altrimenti, seguendo questo ragionamento e queste puntualizzazioni, dovremmo riscrivere la storia, a partire dal nome Campionato Carnico, visto che sin dalla sua prima edizione nel 1951 vedeva presenti il Raibl di Cave del Predil e la Pontebbana, che geograficamente non fanno parte della Carnia. Oppure, facendo un esempio diverso, dovremmo vietare termini quali “giocatore di gamba”, “piedi invertiti” o il classicissimo “fa la barba al palo”, visto che non hanno senso, pur essendo parte integrante del racconto calcistico. La parola “scudetto”, quindi, ci può stare tranquillamente anche nel Carnico.
Cordiali saluti e grazie per i complimenti.
(in copertina il Cavazzo festeggia la vittoria del Carnico 2023, con in evidenza lo scudetto tricolore)