“Ma chi me l’ha fatto fare?” Chissà se Paolo Di Lena si sarà mai rivolto questa domanda da quando, nello scorso inverno, accettò di sedersi sulla panchina del Cedarchis? Di certo, con due punti conquistati dopo 4 giornate il “Ceda” non se la passa bene e fa un effetto strano vedere i campioni relegati in coda alla classifica: se il campionato fosse finito oggi i giallorossi dovrebbero disputare un spareggio per non retrocedere! La stagione è lunga e naturalmente le cose cambieranno ma Paolo sa già che lo aspettano domeniche difficili. E lui non è abituato a recitare la parte di quello che deve accontentarsi, di quello che deve limitare i danni, di quello lontano dalle prime pagine. Ma non per presunzione: semplicemente perché lui è sempre stato considerato uno bravo. Lo era da giocatore, quando raccolse successi e consensi sui campi della regione, prima di tornare nel Carnico, dove condusse i Mobilieri alla conquista della Coppa Carnia 2011. Figlio di una generazione di calciatori che pensava in verticale, nel senso vero del termine: lo scopo del calcio è far gol e per far gol bisogna “sentire” la porta, vederla, avvicinarla il prima possibile, In verticale, appunto, non con tocchi laterali, scarichi e possesso palla: un artista che pennellava calcio, insomma. Uno dei flash più nitidi della sua carriera da calciatore è proprio la finale 2011: Paolo riceve palla sulla trequarti, è solo, accerchiato dai mastini del Cedarchis. Un calciatore normale cosa fa? Niente, protegge palla aspettando che i compagni salgano a dargli una mano. Ma l’artista ha il colpo di genio, il pensiero verticale ed allora, tra due avversari e un attimo prima dell’arrivo del terzo, spara verso la porta. E la trova. Regalando al Sutrio la possibilità di ritrovare un po’ della gloria perduta. E ad accrescere quella gloria avrebbe voluto contribuire anche dalla panchina sutriese che accettò giusto qualche mese dopo la conquista di quella Coppa. In panchina, però, il colpo di genio non parte dai piedi e sei costretto a chiederlo agli altri e se gli altri non hanno i piedi di un Paolo Di Lena diventa dura. Paolo, però, non pretende dai suoi giocatori quello che questi non hanno nelle loro corde in termini tecnici. Lavora sul concetto di squadra, sul possesso palla, sui tocchi laterali e sugli scarichi (ma pensa tu … si sarà detto). Il “suo” Sutrio non vince ma spesso piace. Certo, in campo gli ci vorrebbe un Di Lena, cioè un altro Di Lena, visto che il figlio Nicholas, comunque, se lo porta appresso dalla vicina e originaria Cercivento, compromettendo il rapporto col suo paese d’origine ed esasperando ancora di più gli incontri di campionato e coppa tra “belli gialli” e “cirubits”. Tre anni a Sutrio, conditi più da buoni propositi che successi importanti. Poi qualcosa si incrina: non ci sono motivi particolari, solo un rapporto che si logora, si consuma fisiologicamente. Gli fanno capire che la squadra sarà affidata ad un altro genio del calcio carnico (Gilberto Buzzi) e per lui ci sono i ringraziamenti. Paolo ha diverse offerte e naturalmente sceglie la strada più difficile: allenare i campioni in carica del Cedarchis. Come difficile? Con tutti quei grandi giocatori? Sì, invece, difficile, perché quei campioni sono carichi di gloria e successi. La stella dei 10 scudetti affievolisce gli slanci, toglie la fame e lui si ritrova a guidare una squadra che non puoi guidare, nel senso che spesso viaggia col pilota automatico delle proprie certezze, fatte di vittorie e consensi. Cosa può portare un allenatore ad una squadra così? Difficile rispondere, così come era difficile capire quanto ci fosse di Luciano Candoni nei successi giallorossi. Non c’erano alchimie tattiche, in quei successi, ma il buonsenso di un tecnico capace di far convivere in armonia tante prime donne. E Paolo come farà? La società ha accontentato Granzotti (lasciato andare alla Val del Lago) e Boreanaz (lasciato agli amatori). Mica due qualsiasi. E’ arrivato Pillinini, d’accordo, ma il “Pilli” da solo mica può fare miracoli. E allora Paolo aspetta: aspetta che torni Boreanaz, se non altro, uno che davanti può dargli una grossa mano. Una mano intanto ha cercato di dargliela il figlio, nell’ultima partita, quella col Bordano, nella quale ha realizzato due gol che poi non sono bastati. E già, perché Nicholas se l’è portato dietro pure a Cedarchis, nel caso ci fosse bisogno di un volto familiare … Forse è il momento peggiore della storia del Cedarchis: gli eroi sono stanchi e dalla panchina Paolo non può nemmeno tirar fuori il colpo di genio. Sabato c’è un’altra sfida salvezza: in casa dell’Edera. Salvezza? Chi, il Cedarchis? L’avresti mai detto, Paolo?
2 Comments
by Fabio
Mi sento di dire solo che non c’era un uomo più adatto a questo arduo compito in tutta la Carnia! Chi ha qualcosa da dire a riguardo dopo 4 giornate giocate è solamente un ipocrita!
by lorenzo sala
Il Ceda e una squadra di guerrieri..Ed il suo allenatore e un guerriero..Sapranno rialzarsi e presto, ne sono sicuro..E saranno protagonisti(come lo sono sempre stati)..Mandi
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