ADRIANO ORTOBELLI: «DODICI ANNI AL REAL MA L’ENTUSIASMO È IMMUTATO»

Il prossimo sarà il dodicesimo anno di Adriano Ortobelli al Real. Roba da far impallidire Alex Ferguson. Eppure, a sentirlo, il mister paluzzano non ha perso né voglia, né stimoli e ormai la panchina del “Pittoni” la sente come il divano di casa.

«Avevo avuto diverse offerte in inverno – afferma -, ma poi ho deciso di rimanere qua, per l’ambiente, le amicizie, l’affetto e la stima dei giocatori storici come Andrea Morassi, Matiz e Mori. Sono loro che mi hanno dato gli stimoli giusti e la voglia di restare. Certo, abbiamo perso giocatori importanti, come Tosoni, Marcon e De Giudici».

A proposito di De Giudici, la separazione col portiere storico del Real è stata una sorpresa per tutti.
«Si è tanto parlato di questa cosa, ma la verità la sappiamo solo noi. Ci sono stati tanti, troppi fraintendimenti. Io e Luca, comunque, sappiamo come è andata ed infatti lui ha fatto le sue scelte senza problemi. Il nostro rapporto, almeno per me, si è chiuso con civiltà ed amicizia. Per me Luca resta un amico e spero sia così anche per lui».

Volti nuovi di questo Real?
«Innanzitutto Simon Concina, il sostituto di De Giudici, dopo l’esperienza a Cedarchis. Poi Paolo Puntel e Mario Di Gleria, due ragazzi di Paularo. Dal Ravascletto è arrivato Ennio De Crignis e poi abbiamo recuperato Denny Lessanutti, fermo da qualche stagione. A questi vanno aggiunti alcuni ragazzi provenienti dal settore giovanile, elementi sui quali puntiamo molto».

Quali sono quindi le vostre prospettive per l’imminente campionato?
«Penso che bisogna essere realisti, capire che si tratta di un periodo di transizione, in attesa che questi ragazzi giovani riescano ad integrarsi con i “vecchi” del gruppo. Bisogna aiutare a crescere questi giovani, abituandoli alle tensioni della prima squadra, a mantenere sempre alta la concentrazione e la voglia di migliorarsi. Per cui credo che il primo vero obiettivo dovrà essere la salvezza, da raggiungere prima possibile. La squadra mi sembra motivata e con tanta voglia di far bene e questo è già un buon punto di partenza».

Dodici anni nella stessa squadra, si diceva: non ti senti “sacrificato” in una formazione che obiettivamente non pare avere mire di primato?
«Finchè avrò questa passione di allenare il problema non è la forza della squadra. L’importante è avere voglia di preparare gli allenamenti, spiegare i movimenti in campo ai giocatori, seguire le sedute con lo stesso entusiasmo dei primi anni, tutte cose che ancora provo. Il mio sogno? Prendere una squadra e partire praticamente da zero, plasmarla piano piano. E se devo dire un nome direi l’Ardita, in ricordo dei tempi in cui andavo a giocare con Eder e Ferrari e mi parlavano di questa gruppo incredibile, che nel tempo ha conservato valori e spirito di gruppo».

Anche per quest’anno rivedremo il 4-4-2, ovvero il tuo marchio di fabbrica?
«Certo! Io ho sempre giocato così e non mi sposto. Credo che si il modulo che dia più garanzie in assoluto, garantendo coperture ed equilibri. Essendo qui molto tempo e avendo molti giocatori che lo praticano da anni, rappresenta una certezza. Secondo me sono i giocatori che devono adattarsi allo schema e non viceversa. Con soltanto due allenamenti a settimana non è semplice perfezionare certi meccanismi, ma lavorerò soprattutto su questo».

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