di MASSIMO DI CENTA
Domenica si assegna la Coppa più strana della storia del Carnico, dopo una stagione partita tra mille dubbi ed ansie, con la voglia di cominciare che si respirava in primavera e la paura di non poter finire per una nuova chiusura. Ed invece ce l’abbiamo fatta e ad Ovaro Mobilieri e Real si sfideranno per finire nell’albo d’oro, in cui però dovrebbero trovare posto tutte le squadre che hanno partecipato, perché quest’anno partecipare era un po’ come vincere. Pierre de Coubertin sarebbe stato felicissimo, perché il suo principio avrebbe trovato nella Coppa Carnia 2021 un bellissimo spot. Chi segue le vicende del nostro campionato sa bene quanti e quali sacrifici abbiano dovuto affrontare dirigenti, giocatori, arbitri e addetti ai lavori per arrivare fino all’epilogo. Per questo tutti debbono sentirsi un po’ vincitori.
Da un punto di vista più squisitamente tecnico, non si possono fare bilanci: i quasi due anni di inattività hanno restituito al Carnico giocatori alle prese con problemi di forma, evidenziati da una preparazione che ha dovuto essere gioco forza sommaria, introdotta da attività alternative alle quali i più volenterosi hanno fatto ricorso. Le passeggiate nei boschi, le camminate in montagna, le corse da soli hanno sicuramente aiutato a mantenere un minimo di condizione, ma il pallone è mancato per tanto, troppo tempo, penalizzando il gesto tecnico, quello che ti viene spontaneo quando lo eserciti in allenamento e poi esprimi la domenica in partita. Nei primi incontri non era difficile vedere passaggi elementari sbagliati, a riprova del fatto che ogni sport pretende il suo attrezzo e il calcio “vuole” il pallone. Tutto col passare delle settimane è migliorato, si è riusciti ad aggiustare la precisione nel calciare, la condizione e tutto il resto.
Cosa ci rimane prima della finale? Beh, il calcio giovane della Viola, la delusione del Villa, La Delizia che ha fatto davvero bene rispetto al recente passato, il Lauco ben messo in campo, il derby tra Arta e Cedarchis, l’eliminazione del Cavazzo, la Velox “made in Paularo” dalla bellissime prospettive, l’assenza di Campagnola, San Pietro e Castello che hanno ristretto la geografia del torneo e tante altre piccole storie che vi proporremo durante l’inverno, quando i bilanci tecnici saranno terminati e ci sarà più spazio per raccontare gli uomini invece dei calciatori.
Di questa edizione rimarrà il ricordo di campi sportivi sempre affollati, segno evidente che la gente aveva voglia e bisogno di ritrovarsi, specialmente quassù, dove la partita prima di essere un evento agonistico rimane un fattore aggregativo e questo anche chi non ama il calcio non può negarlo.
Anche chi, come noi, questo evento lo racconta aveva voglia di ricominciare e anche noi, proprio come i giocatori, siamo entrati in forma domenica dopo domenica. Nelle prime gare, quelle della fasi a gironi, quasi si stentava a riconoscere i giocatori dalla tribuna, erano passati troppo mesi dall’ultima volta che avevamo raccontato calcio. E non si può negare l’emozione provata durante la prima radiocronaca: sembrava quasi di essere tornati alle prime, quando la paura di sbagliare era più forte della voglia di raccontare. E poi la novità delle semifinali con la diretta Facebook, che crediamo non abbia riscontro in nessun altro campionato di questo livello. Piccole, grandi soddisfazioni…
(foto di Alberto Cella)