Tutti conoscono Carlo Toson come il principale artefice del miracolo-Comeglians di qualche stagione fa. Considerare Carlo solo come allenatore è però assolutamente riduttivo, perchè lui è un valore aggiunto al mondo del Carnico, un mondo che Carlo si diverte a vedere con gli occhi dell’osservatore attento ed acuto di usi, costumi, abitudini, condendo il tutto con quel pizzico d’ironia capace di strappare un sorriso anche alla persona più permalosa. Pubblichiamo una sua “chicca” con la speranza che sia la prima di una lunga serie…
In fisica esiste una teoria che dimostra come l’osservazione scientifica di un fenomeno finisca per modificare il fenomeno stesso.
Non se se qualcosa di simile avvenga nella realta’ ma a volte accade. Stavo facendo uno dei consueti giri in bici con l’amico Fabiano Mecchia e il tema dei nostri discorsi era il legame tra le caratteristiche di certi giocatori del carnico e il paese di provenienza. Scavando nei rispettivi archivi mnemonici che ormai, data l’eta’, sono ponderosi, si cercava di trovare le prove di questo fenomeno di antropologia cultural-sportiva. Il discorso, inevitabilmente ci porto’ in Val Pesarina. “I cjanalòts hanno decisamente qualcosa in piu’, in termini di fantasia e di creativita’” e non solo in campo, “ sono spiritosi, ironici con il gusto della battuta”. La storia ha lasciato le sue tracce, la vivacita’ intellettuale e politica dei primi anni del ‘900, i socialisti e gli anarchici di Pradumbli, “un paese dove ogni casa e’ una biblioteca” , coraggiosi intellettuali in un’epoca in cui esserlo significava spesso persecuzione e emigrazione. E poi, artigiani abilissimi, capaci di dare origine alla grande storia degli orologi a partire dalle loro ingegnose mani e da un semplice pezzo di ferro, come ben testimoniato nel museo di Pesariis. “E’ proprio perche’ questa e’ la loro storia che sono cosi’” ripeto, estremizzando un poco, “i figli dei mercanti non possono essere creativi”. Vincenti magari, in virtu’ di atteggiamenti spesso tignosi e speculini , ma brillanti mai! Il tratto in discesa ci ha consentito di parlare piu’ a lungo del solito. “Prendi Pulùt, ad esempio” mi dice Fabiano imboccando il ponte di Muina, ed improvvisamente, come per magia, Pulùt appare . “Eccolo li’ che si sbraccia in mezzo alla strada” Ci fermiamo. L’artista del pallone, al secolo Giuseppe Del Fabbro, ha fatto un altro dei suoi numeri; e’ riuscito ad uscire di strada, a percorrere un tratto di cento metri lungo la rampa inclinata e a fermarsi sul bordo inferiore, quasi nel greto del Degano, senza capovolgersi ne’ fare un graffio all’auto. Poi e’ uscito, ha chiuso la portiera a chiave ed e’ risalito sulla strada a riflettere sulle leggi sull’equilibrio che aveva miracolosamente infranto. Come quando, beffardo ed irridente, ti faceva 4 finte di seguito, li’ dove tu eri gia’ caduto alla seconda e non c’era bisogno della terza e della quarta. Un esperto artigiano gli recupera l’auto senza danno mentre “Pulut” ci racconta della sua meravigliosa collezione di motoseghe. Riprendiamo il nostro giro. “ “e Gino, anche Gino era un artista” riprende Fabiano, “se Pulut era Van Gogh, Gino era senza dubbio Picasso.”. azzardo. La salita di Muina ci fa smettere.
4 Comments
by Lino Nassivera
Complimenti.Mi auguro sia la prima di una bella serie di puntate.Con simpatia.Lino
by Matteo
Ho avuto la fortuna di conoscere Fabiano ai tempi delle giovanili nell’Ovarese…..quando pioveva tanto da non riuscire a fare allenamento non ci mandava a casa, ma si restava nello spogliatoio ad ascoltarlo mentre ci raccontava le sue storie, le sue esperienze nel carnico…fantastico…poi con l’aiuto della lavagna ci spiegava posizioni e movimenti (cosa molto utile e a cui pochi si dedicano)…non ho mai visto una decina di ragazzi attorno ai 15 anni così presi e ammutoliti da un PROFESSORE…Comunque da Cjanalot conosco il Pulut ( anche se non l’ho mai visto giocare per questioni anagrafiche) e posso confermare: GENIO E SREGOLATEZZA!!! Un saluto!
by carlo toson
In questi giorni diversi amici mi hanno chiamato per dirmi:” ho letto il tuo articolo sul sito del Carnico” seguito da commenti diversi, alcuni positivi altri un po’ risentiti. Il mio intento, e credo anche quello di Massimo che ha voluto pubblicarlo, era di stimolare un dibattito a cuore aperto, su quello che eravamo, che siamo e che vogliamo diventare. Perche’ tanta timidezza nel mettere nero su bianco i vostri pensieri? Non siamo solo calciatori, e neppure solo tifosi, menchemeno solo carnici, siamo una comunita’ ampia che accoglie persone di etnia e cultura diverse, con la scusa del calcio. Perche’ non parliamo/parlate di voi di quello che siamo/siete? Bando alla timidezza, il sito e’ qui per questo. Mi piacerebbe leggere di come si sente un cedarchino, un friulano che gioca per l’Ancora (ricordate Carlo Tolazzi che fece carte false per partecipare?) un moggese, un bengalese che gioca nel Sauris (che non c’è piu’) o un serbo che gioca o giocava) nell’Ovarese; perche’ non ci raccontate le vostre storie VERE? Se lo fate scrivero’ ancora, altrimenti interpretero’ il vostro silenzio come una volonta’ di pudore/censura.
Un abbraccio a tutto il carnico.
by mario chiementin
Massimo e Carlo
continuate a scrivere sempre e comunque, indipendentemente da commenti o no, non ci sono tante persone che sanno raccontare le cose come le raccontate voi.
Per me come per tanti è un piacere leggervi.
a presto
mario
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