Le donne del Carnico: Clara D’Agaro

di FEDERICA ZAGARIA

In queste giornate fredde ed umide, per due donne che chiacchierano tra di loro un infuso caldo è quello che serve per scaldare un po’ l’atmosfera e gli animi ed è così che si svolge l’intervista con Clara D’Agaro, una donna che ha speso molto per il Campionato Carnico e per la “sua” Rigolato. Racconta, infatti, che la squadra della Val Degano nasce nel 1972 ma viene ufficialmente costituita nel 1979 e nell’atto costitutivo c’è anche il suo nome.
«I miei primi passi nel mondo del Carnico avvengono con mio marito Idalio (Fruch, allenatore, tra le altre, proprio del Rigolato, ndr), che giocava negli azzurri, per cui sono diventata tifosa. Un po’ alla volta mi sono appassionata a questo mondo, per poi diventare “contabile” della società, quindi dirigente e successivamente presidente dal 1994 al 1995 e di nuovo dal 2003 al 2006. Ci sono state anche delle pause – continua a raccontare –, ma senza mai staccarmi definitivamente, fino al 2006, anno in cui ho concluso il mio “servizio” all’interno del Rigolato per poi entrare nel S.O.G.I.T. (Soccorso dell’Ordine di San Giovanni Italia, un’organizzazione internazionale di soccorso medico, ndr), con cui presto servizio sportivo presenziando alle manifestazioni sportive».

Prima di conoscere Idalio non avevi interesse per il calcio?
«No, perche nella mia famiglia d’origine nessuno seguiva questo sport».

Cosa ti ha regalato il Carnico e cosa invece ti ha tolto?
«Ho conosciuto molte persone, con cui continuano i rapporti di amicizia nonostante lo scorrere degli anni. Invece, a volte, ha “rubato” tempo alla mia famiglia».

Il calcio è considerato da molti ambiente maschile: come ti sei sentita accolta?
«La maggior parte delle persone mi ha dato una bella accoglienza e così accade anche oggi. Di certo si trova, e si è sempre trovato, lo sciocco che se ne esce con le solite frasi fatte tipo “tu seis femine e no tu capis nue di balón”. Per il resto, magari le prime volte che andavo in panchina,faceva “scalpore” che ci fosse una donna a portare le liste all’arbitro o comunque all’interno del campo di gioco. Ora invece è più facile, le cose sono cambiate ed è tutto più normale».

C’è qualche momento particolare, un ricordo, che ti sia rimasto nel cuore?
«Nel 2003, ad ottobre, dovevamo giocare lo spareggio per la promozione in Seconda Categoria. Beh, io al mattino sono andata per Predazzo, in Trentino, a portare mio figlio, Flavio (attuale capitano dell’Ovarese, ndr) per disputare una gara di salto con gli sci, per poi scendere a Gemona per la partita contro lo Stalis. Un altro incontro, sentito particolarmente, è stato quello del 2005, a Lauco, contro la squadra locale. Era l’ultima partita, abbiamo vinto 2-1 e ci siamo salvati con 31 punti: sono retrocessi i Mobilieri, che giocavano contro il Cedarchis un incontro cominciato mezz’ora dopo rispetto agli altri e tutti aspettavamo con ansia quel risultato così importante per noi. Il Cedarchis vinse 1-0 a Sutrio e i Mobilieri si fermarono a 30».

La tua esperienza si è svolta anche nel settore giovanile, vero?
«Un’esperienza unica. Avevamo fatto il settore giovanile assieme ad Ardita, Sappada e San Pietro: io gestivo i Pulcini e quindi ho avuto l’opportunità di lavorare con i bambini. È stato spettacolare perché sono spontanei ed “innocenti” nella loro semplicità. Me li sono proprio goduti quei momenti con loro».

Raccontami un po’ com’è fare il presidente di una squadra di calcio.
«È totalmente diverso da qualsiasi altro ruolo. Devi guardare la società a 360°: ci sono conti da far quadrare, rapporti con l’esterno, con la Federazione e con i vari collaboratori e chi più ne ha più ne metta. Il presidente è un pilastro che deve guardare tutto con un’ottica diversa da quella degli altri e deve saper mediare. Se pensi poi che sia facile essere presidente e avere il marito che allena nella tua stessa squadra, ti sbagli: il segreto, comunque, sta nel saper rispettare i ruoli e poi, a casa, “staccare” (sorride, ndr)».

Quanto parlate di calcio tra le mura domestiche?
«Tra mio marito che segue gli amatori ed i miei figli (oltre a Flavio c’è anche Diego, anch’esso giocatore dell’Ovarese, ndr), posso dire che sia argomento di casa da noi. Oltre al Carnico, in ogni caso, seguiamo anche la Serie A».

Come definiresti il Carnico, con un aggettivo?
«Aggregante».

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