di MASSIMO DI CENTA
Se n’è andato così, in punta di piedi, Ferdinando Mecchia nella serata di domenica, dopo una malattia che lo aveva colpito da qualche tempo. Aveva 78 anni.
In punta di piedi, si diceva, con quel suo stile che aveva contraddistinto il suo arrivo nel mondo del Carnico, precisamente all’inizio degli anni Ottanta, quando seppe di fatto invertire il corso del Paluzza, che non riusciva più a trovare quella identità che negli anni Sessanta aveva portato gli unici due scudetti della sua storia, prima di cadere in un anonimato non propriamente in linea con la tradizione sportiva del paese, terra di campioni.
Lui arrivò in sordina, con un curriculum scarso, forse, ma seppe mutare il corso di quegli anni. Il Paluzza tesserava, all’epoca, molti militari di leva nel paese: ecco, lui decise di invertire la tendenza, attingendo a pieni mani da un settore giovanile che proponeva talenti in serie. Portò con sé Giancarlo Orsini, centrocampista geniale, e Francesco Simonetti, difensore ruvido ma implacabile. Si tenne un paio di militari “buoni” e poi, via, a saccheggiare le giovanili: giocatori che in seguito si costruirono fama, ma che lui andava a vedere nei loro campionati e poi preparò e lanciò quando erano davvero poco più che ragazzini. Il portiere Gianni Plazzotta, i fratelli Toch, Andrea Paoloni, i fratelli Marco e Nicola De Cillia, Luigi Clara. Ebbe coraggio e lo fece puntando sullo spirito di appartenenza, sulla forza del gruppo e nella ricerca continua di migliorarsi e lui insieme a loro.
Vinse poco il suo Paluzza, è vero, ma furono gettate le basi per una squadra che vinse altrettanto poco, ma seppe conquistarsi l’ammirazione e il rispetto degli avversari nei campionati successivi. Ferdinando non era uno stratega, non aveva un modulo di riferimento ma rappresentava piuttosto il manifesto del buonsenso: un calcio alla buona, ancora lontano da quello che poi sarebbe arrivato. Ma aveva creato un gruppo formidabile dove i panni sporchi si lavavano in famiglia e la domenica si remava tutti dalla stessa parte.
Difficile, anzi impossibile, vederlo perdere la pazienza, mai un urlo, mai un rimprovero al di fuori degli spogliatoi. Avresti detto che era un debole e invece aveva tutti dalla sua parte e comandava con la forza di un carisma che aveva semplicemente dentro. E poi, a fine stagione, il solito raduno nella sua Sezza, in locali alla buona ma accoglienti come lui e il suo grande sorriso.
Ciao, “Nando”, per chi, come il sottoscritto, ha fatto parte di quel Paluzza oggi è un giorno triste. Però è giusto che tu sappia che nessuno di quei ragazzi, nessuno di noi, ti ha mai dimenticato.
I funerali avranno luogo martedì 24 dicembre alle ore 11, nella chiesa di Sezza di Zuglio.