di MASSIMO DI CENTA
Diciamocelo francamente: fa un certo effetto vedere un allenatore come Gianluca Mascia nella Terza Categoria del Carnico. La panchina è quella del Castello e quindi è normale che la prima domanda sia il perché di questa scelta: «In realtà – precisa il tecnico tarvisiano – avevo avuto altre offerte, ma l’insistenza della società rosanero e di molti personaggi legati alla Gemonese mi hanno convinto alla fine. Nella mia esperienza con la società giallorossa sono stato davvero bene, conosco quell’ambiente e questo mi fa sentire un po’ come a casa».
A proposito di casa, non è finita bene con la squadra del tuo paese, Tarvisio. Crediamo che tu sia francamente dispiaciuto. Confermi?
«Certo. La separazione mi ha lasciato dentro tanta amarezza. Ho aspettato fino all’ultimo per capire le intenzioni della società, poi quando mi sono reso conto che non c’erano più margini per continuare ho dovuto arrendermi. Ma Tarvisio avrà sempre un posto importante nel mio cuore».
E come procede l’avventura al Castello?
«Ammetto che ho dovuto rivedere certi principi per adattarmi ad un modo di allenare che fisiologicamente, nel Carnico, non può essere come quello del calcio regionale. Ma la serietà e le ambizioni della società rappresentano per me una bella sfida. La squadra è ringiovanita e c’è quindi molto lavoro da fare. Ma le presenze agli allenamenti sono state incoraggianti e chi non poteva esserci ha chiesto un programma personalizzato. La cosa mi ha fatto estremamente piacere, perché denota attaccamento e voglia di migliorarsi. Sono contento di avere portato con me i miei figli, anche loro convinti della serietà e dell’impegno societario».
Oltre ai tuoi figli, Davide e Matteo, sono arrivati anche altri ragazzi. Soddisfatto di come ha lavorato la dirigenza rosanero in sede di mercato?
«Sono arrivati giovani che comunque vantano esperienza anche in Prima Categoria, gente in gamba. Siamo un pò contati in difesa e dovrò lavorare soprattutto in quel settore. Intanto partirò con una difesa a 4, poi andrò alla ricerca di quegli equilibri tattici che garantiscono ordine e organizzazione di gioco. Ho preteso delle regole, soprattutto comportamentali: non mi va di vedere gente con la birra o la sigaretta nei pressi degli spogliatoi. È una questione di serietà. So di essere esigente, ma ritengo che certi atteggiamenti servano a crescere e a migliorarsi».
Dove potrà arrivare il tuo Castello?
«Beh, siamo ancora una laboratorio, un cantiere aperto, ma la voglia di far bene non manca. Anzi, ho dovuto addirittura frenare qualche entusiasmo. Ho cercato di far capire che le squadre vanno costruite per gradi. C’è voglia di andare in Seconda, è chiaro, e poi provare a raggiungere la Prima, ma deve essere un processo graduale, con una crescita tecnica e soprattutto mentale».